Le virtù dell’idrogeno sono tornate di moda come determinanti per la decarbonizzazione. L’idrogeno da solo è molto raro in natura mentre lo troviamo sotto forma di composti, sia organici, dai quali non è facile dissociarlo, sia inorganici, come il metano o l’acqua , da cui può essere più facilmente separato. La produzione di idrogeno richiede energia in quantità superiore a quella poi ricavabile utilizzandolo. E’ impiegato da decenni in molti settori industriali (dalla chimica alle raffinerie). Nel 2019 il consumo mondiale è stato di 115 milioni di tonnellate, ma la sua importanza deriva dal poter essere impiegato come vettore energetico. Già Cesare Marchetti, brillante fisico italiano, nel 1969, intervenendo alla tavola rotonda su Direct Hydrogen Production, organizzata dal Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea, sosteneva: “(…) with hydrogen we can make practically everything (…) hydrogen could be the only primary energy source for an advanced society”. Egli, in verità, immaginava che l’idrogeno potesse essere ricavato dall’acqua utilizzando energia nucleare, che oggi è stata sostituita dalle rinnovabili. Attualmente il 96% dell’idrogeno impiegato nel mondo in processi industriali viene prodotto da combustibili fossili tramite un processo che tuttavia libera CO2 (9 kg per ogni kg di idrogeno) rendendolo incompatibile con gli obiettivi di decarbonizzazione (idrogeno “grigio”). Se invece viene ricavato dall’elettrolisi dell’acqua, è detto “verde”, in quanto non si libera Co2. Nei costi per la produzione di idrogeno occorre calcolare quello dell’anidride carbonica evitata. Infine l’idrogeno “blu” è quello ottenuto dalla steam reforming del metano, catturando la CO2 prodotta nel processo e sequestrandola in serbatoi naturali. L’anidride carbonica catturata, anziché imprigionata nel sottosuolo, potrebbe essere anche riutilizzata, ma il costo per catturarne una tonnellata rende le imprese non competitive per le applicazioni nel settore della generazione elettrica.
Per l’Europa l’idrogeno è uno strumento indispensabile per la decarbonizzazione di alcuni processi industriali e settori dell’economia, da diffondere il più rapidamente possibile. In Italia il Ministero per lo sviluppo economico ha prodotto un documento in cui delinea la strategia del Governo per l’utilizzo dell’idrogeno nel nostro Paese evidenziando che il suo potenziale nell’impegno di decarbonizzazione è in parte soggetto a una serie di fattori che possono condizionare il mercato sul lungo periodo e, per ridurre i costi, è fondamentale aumentare la capacità di produzione degli elettrolizzatori. In tal modo si aumenterà la competitività dell’idrogeno rispetto ad altri prodotti a basse emissioni di carbonio. Si prevede un impatto ambientale concreto che consentirà una riduzione delle emissioni di CO2eq fino a 8 Mton nel 2030, corrispondente a un contributo del 4% agli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Per quanto riguarda l’impatto economico, gli investimenti stimoleranno la crescita delle imprese pertinenti potenziando la loro economia (effetto diretto), con un impatto positivo anche sulla supply chain (effetto indiretto) e sulle relative economie (effetto indotto). Il MISE fa un appello non soltanto per il finanziamento del progetto, ma in primo luogo per la definizione di politiche nazionali che assicurino lo sviluppo dell’economia dell’idrogeno. È fondamentale sviluppare un quadro normativo nazionale per l’impiego dell’idrogeno lungo tutta la catena del valore, con particolare attenzione alla sicurezza e alle responsabilità collegate. Questo sforzo dovrebbe essere svolto anche attraverso la collaborazione con gli altri Paesi europei. “L’idrogeno -come spiegato da Marco Alverà, AD di SNAM a “IlSole 24 ore” qualche mese fa- può contribuire a risolvere il triplice paradosso dell’energia: ridurre velocemente e in modo significativo le emissioni fino ad arrivare a zero (soprattutto nel trasporto su strada, navale e aereo e nel riscaldamento in zone fredde), garantire la sicurezza energetica e dare energia a buon mercato a chi ne ha più bisogno e non può permetterselo». Una prima risposta italiana è arrivata da due colossi dell’energia: Eni ed Enel hanno annunciato una loro collaborazione per realizzare il primo impianto entro due anni. Si tratta di un elettrolizzatore da 10 megawatt, impianto pilota per successive applicazioni su più larga scala. L'ingresso sulla scena dell'idrogeno "italiano" di Eni ed Enel diventa così un impegno ufficiale per sostenere i progetti a livello europeo.