Quando si chiede alla maggior parte delle persone cosa affermi la teoria della relatività di Albert Einstein, spesso si sente la seguente risposta, pronunciata con tono convinto: “Semplice, tutto è relativo.”
Per fortuna, non è esattamente così. Anzi, mentre si può dire che la fisica quantistica “distrugga” le nostre certezze senza ricrearne altre, lasciandoci avvolti in una nube di mere probabilità, la teoria einsteiniana ribalta le nostre convinzioni, ma ce ne offre di nuove.
Nel mondo razionalista del pre-Novecento, i concetti di spazio e tempo erano fissi, immutabili, dati per acquisiti, a tal punto che nessuno aveva mai pensato di metterli in discussione. In effetti, riconsiderarli voleva dire rivedere la visione della realtà, mentre come specie non siamo sempre inclini a farlo. Solo il genio, il grande talento, può dare la spinta vitale verso una nuova, inesplorata direzione, nascosta agli occhi degli altri perché scomoda o apparentemente troppo evidente.
E così, con una serie di esperimenti ed equazioni matematiche piuttosto semplici – tanto che uno studente delle medie potrebbe capirli – Einstein ha capovolto i due pilastri su cui si fondava tutto. Ha dimostrato che il tempo e lo spazio sono relativi rispetto a chi li sta osservando: per un individuo che viaggia a una velocità prossima a quella della luce, il tempo scorre molto più lentamente che per un altro fermo sulla Terra. È il famoso esempio dei gemelli: se uno parte per un viaggio interspaziale, tornerà sulla Terra più giovane rispetto all’altro.